ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Togliete quel lampione
Rovina tutta la vista
di Andrea Bentivegna
15/10/2016 - 02:00

di Andrea Bentivegna

Oggi i problemi a Viterbo sono troppi anche solo per pensare di prendersela con un singolo lampione ma quell’affare lì che svetta nel cuore del nostro centro con i suoi quaranta e più metri di altezza la dice lunga su questa città.

Potrebbe sembrare l’ennesima polemica pretestuosa ma a ben guardare ci sono buoni motivi per contestare quel palo della luce. Sto parlando del mastodontico lampione che sovrasta piazza del Sacrario e che illumina l’intero parcheggio. Utilissimo, niente da dire, se non fosse che con la sua altezza e il suo aspetto riesce nella non facile impresa di devastare la vista del profilo medioevale della città da svariati punti. Un esempio? Certamente la dimostrazione più eloquente della sua insostenibile bruttezza la possiamo ammirare - si fa per dire - da Palazzo dei Priori.

In particolare ci riferiamo alla vista mozzafiato che si spalanca davanti ai nostri occhi dal giardino sottostante con in primo piano la splendida fontana seicentesca e sullo sfondo la chiesa della Trinità e la sua cupola. Ecco, nel mezzo di questi due capolavori però dobbiamo fari i conti con lui, l’altissimo palo della luce che mortifica tutto il panorama.

Per carità, sono tante le cose, anche più gravi, che mettono ancora a repentaglio l’aspetto della Viterbo più antica, ma quel palo è eloquente anche per un altro motivo. Viene infatti da chiedersi come sia possibile spendere ben tredici milioni di euro e cinque anni di lavori per la riqualificazione del centro storico concentrandosi proprio nell’area di Valle Fail e di piazza del Sacrario e non riuscire a comprendere che sarebbe bastato eliminare quel orrore per rendere la vista della città migliore.

Certo, bisognerebbe provvedere ad un sistema di illuminazione alternativo ma è difficile credere che nel terzo millennio, spendendo quella vagonata di soldi che il Plus ci metteva a disposizione, nessuno si sia preso la briga di progettare lì qualcosa di diverso.

Eppure preservare il profilo della città dovrebbe essere un priorità per un capoluogo che professa da anni di voler puntare su cultura e turismo. Bisogna forse ricordare le parole che Pasolini spendeva proprio su questo tema? E pensare che in un famoso documentario televisivo il grande poeta portava a riguardo come esempio il profilo deturpato dell’antico borgo di Orte. Capite? Orte non Mont Saint Michel. Non parliamo della Normandia ma della provincia di Viterbo. Questa città deve prendere consapevolezza che il suo aspetto, la sua bellezza, i suoi scorci e le sue viste sono la cosa più preziosa che abbiamo.

Se non si vuole riconoscere l’importanza della propria storia a livello artistico e culturale si iniziasse almeno a pensare all’aspetto più banalmente economico. Il nostro centro sarebbe una miniera d’oro se ben valorizzato e per farlo si deve cominciare da queste cose.

Del resto il Comune di Siena - spesso citato a sproposito come esempio virtuoso- ha intrapreso ormai molti anni fa tutta una serie di iniziative per rimuovere le antenne e le parabole satellitari dai tetti del proprio centro. Non si è trattato di un capriccio di un’amministrazione ma di un investimento sulla bellezza della propria città che infatti oggi si può osservare in tutta il suo splendore. È chiaro, nessuno può credere che togliendo un semplice lampione improvvisamente l’economia di Viterbo rinasca ma si tratterebbe di un’inversione di tendenza importante che, se confermata da tutta una serie di altre iniziative, aiuterebbe la nostra città a sperare in un futuro diverso e probabilmente migliore.

Non occuparsi di questo vorrebbe dire al contrario non pensare minimamente al domani e sarebbe una scelta davvero paradossale visto il misero presente di cui tutti, ma proprio tutti, si lamentano.





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